Conclusioni della XV Assemblea Plenaria “Pastorale familiare e matrimoni in difficoltà” (19 ottobre 2002)

 Su invito di Sua Eminenza il Cardinale Alfonso López Trujillo, ci siamo riuniti in Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia a Sacrofano (Roma) dal 17 al 19 ottobre 2002. Abbiamo riflettuto sulla questione delle coppie in difficoltà, in una prospettiva pastorale, limitandoci ad alcuni aspetti fra quelli trattati dall’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio, nel paragrafo 77.

I – Constatazioni

La famiglia è la “via dell’uomo”, il luogo in cui si apre alla vita e all’esistenza sociale. Rimane il luogo di un forte coinvolgimento affettivo. È oggetto di un’attesa di riconoscimento personale. Assicura la stabilità necessaria alla missione educativa. È riconosciuta come l’ultimo rifugio di fronte alla minaccia dell’emarginazione.

Non vogliamo dimenticare che, anche in mezzo alle situazioni di crisi familiari, ci sono invece tante famiglie, anzi la maggioranza, le quali vivono in una unione ferma e fedele. E tutto ciò si verifica pure nelle nazioni dove è più forte il problema.

Ringraziamo il Signore per le loro testimonianze.

Tuttavia, la precarietà del legame coniugale è una delle caratteristiche del mondo contemporaneo.

Essa non risparmia nessun continente e si costata in ogni ambiente sociale. Rende fragile la società e compromette perfino lo sforzo educativo. Conduce troppo spesso a numerose separazioni ed anche a divorzi.

Si ha, a volte, l’impressione che le separazioni e i divorzi siano considerati come le uniche vie di uscita davanti alle crisi constatate. Questo fa parte della crescente “mentalità divorzista”. Spesso le difficoltà portano a veri attriti e conflitti che, in una “nuova mentalità”, conducono anche alla separazione (forse consigliabile in casi estremi) e persino al divorzio. Faremo frequentemente riferimento a questi casi e vogliamo insistere sul pericolo del dilagare di una “mentalità divorzista”, denunziata recentemente dal Santo Padre nel discorso alla Rota Romana (28 gennaio 2002).

Questa mentalità indebolisce gli sposi e rende più rischiosa la loro fragilità personale. L'”arrendersi” senza lottare è troppo frequente, mentre invece una fede ferma potrebbe portare a superare difficoltà anche serie.

Infatti il divorzio non è solamente una questione di decisione giuridica. Non è come una “crisi” che passa. Esso incide nell’umano. È un problema di relazione, e di relazione distrutta. Esso segnerà per sempre ogni membro della comunità familiare. È causa di impoverimento economico, affettivo e umano. Questo impoverimento tocca particolarmente la donna e i figli.

I costi sociali sono particolarmente elevati.

Si può stimare che ci sia spesso una sproporzione tra i motivi invocati per il divorzio e le conseguenze irrimediabili che ne derivano.

II – Perché questa situazione?

Diversi elementi concorrono all’incremento attuale del divorzio, con varie componenti a seconda dei Paesi. C’è innanzitutto la cultura d’ambiente, un “mondo che va sempre più secolarizzandosi”, come ha detto il Santo Padre nel discorso che ci ha indirizzato. In tale cultura, si citano in particolare le ristrettezze economiche con lo smembramento delle famiglie che esse favoriscono, come pure una falsa concezione della libertà, la paura dell’impegno, la pratica della coabitazione, la “banalizzazione del sesso”, secondo l’espressione di Giovanni Paolo II, il vagabondaggio sessuale… ecc… . Stili di vita, mode, spettacoli, teleromanzi, mettendo in dubbio il valore del matrimonio, e arrivando fino a propagare l’idea che il dono reciproco degli sposi fino alla morte sia qualcosa di impossibile, rendono fragile l’istituzione familiare, e giungono fino a squalificarla a vantaggio di altri “modelli” di pseudo-famiglia.

Assistiamo inoltre all’invasione, da parte di un individualismo radicale, di numerose sfere dell’attività umana: vita economica, concorrenza spietata, competizione in tutti i campi, disprezzo degli emarginati, ecc.

Questo individualismo non favorisce certamente il dono generoso, fedele e permanente di sé. Non favorisce neppure la soluzione delle crisi nel matrimonio.

Succede spesso che gli Stati, responsabili del bene comune e della coesione sociale, alimentino essi stessi questo individualismo, dandogli espressioni legali, come, per esempio, il PACS (“patto civile di solidarietà”) in Francia, che si presentano come alternative, almeno implicite, al matrimonio. E peggio ancora è quando si tratta di unioni omosessuali o lesbiche, che chiedono anche il diritto di adottare dei bambini. Così facendo, rendono precaria nella mentalità comune l’istituzione del matrimonio e contribuiscono, inoltre, a creare problemi che sono incapaci di risolvere. Il matrimonio, molto spesso, non è più considerato come un bene per la società, e la sua “privatizzazione” contribuisce a ridurre o addirittura ad eliminare il suo valore pubblico.

Questa ideologia sociale di pseudo-libertà spinge l’individuo ad agire in primo luogo secondo i suoi piaceri, i suoi interessi, la sua utilità. L’impegno assunto nei confronti del coniuge prende l’andamento di un semplice contratto rivedibile indefinitamente; la parola data non ha che un valore limitato nel tempo; non si risponde dei propri atti se non davanti a se stessi.

Bisogna anche constatare che molti giovani si formano una concezione idealista o addirittura erronea della coppia come il luogo di una felicità senza nuvole, del compimento dei propri desideri.

Possono arrivare ad un conflitto latente tra desiderio di fusione con l’altro e desiderio di proteggere la propria libertà. Un misconoscimento crescente della bellezza della coppia umana autentica, della ricchezza della differenza e della complementarità uomo/donna conduce ad una confusione crescente sulla identità sessuale, confusione portata ad un punto culminante nell’ideologia femminista detta del “gender”. Questa confusione complica l’assunzione di ruolo e la ripartizione dei compiti nel focolare. Conduce ad una rinegoziazione di questi ruoli tanto permanente quanto estenuante. D’altra parte le condizioni attuali dell’attività professionale dei due coniugi riducono i tempi vissuti in comune e la comunicazione nella famiglia. Impoveriscono ancora le capacità di dialogo tra gli sposi.

In alcuni Paesi la disoccupazione, le difficoltà economiche che obbligano uno dei genitori a recarsi all’estero, mettono in pericolo la coppia. Si privilegia il denaro, a spese della vita di coppia.

Troppo spesso, quando sopravviene la crisi, le coppie si ritrovano da sole a doverla risolvere. Non hanno nessuno che possa ascoltarle e illuminarle, cosa che forse permetterebbe di evitare una decisione irreversibile. È questa solitudine che lascia la coppia rinchiusa nel suo problema, in particolare quando le famiglie non vengono in aiuto, non vedendo più se non la separazione o addirittura il divorzio come soluzione al proprio sconforto. E invece, questa crisi transitoria avrebbe potuto essere superata, se la coppia avesse avuto il sostegno di una comunità umana o ecclesiale.

 

III – Conseguenze del divorzio sui figli

Tra i problemi legati al divorzio, la questione dei figli ci ha particolarmente preoccupati. Essi sono le prime vittime delle decisioni dei loro genitori. È vero che si diffonde largamente l’idea che la separazione o il divorzio siano la soluzione naturale alle crisi di coppia, e alcuni dicono che non è così cattiva, in fin dei conti, per i figli. “Meglio un buon divorzio – affermano – che un cattivo matrimonio”. Si dice che i figli soffrono meno in caso di separazione netta che in un clima di dissapore tra i genitori.

Molti osservatori, al contrario, nei numerosi studi che sono stati consacrati a questo tema, sottolineano che il divorzio destabilizza tutti i membri della famiglia, perturba in profondità le relazioni tra i genitori e il bambino durante gli anni decisivi in cui si forma la personalità e gli fa perdere i riferimenti simbolici, offerti dall’ambiente familiare. Il bambino deve risituarsi in nuove relazioni familiari, causa di rivolgimenti o anche di sofferenze. Per il figlio, il divorzio dei genitori sarà l’avvenimento più importante e doloroso degli anni della sua crescita, l’avvenimento che lo colpisce più profondamente. Le conseguenze del divorzio sul bambino sono profonde, numerose e durevoli. Alcune compariranno solo a lungo termine.

Non ci si meraviglierà dunque di constatare che il divorzio provoca frequentemente, nei figli, fenomeni quali: il ritardo scolastico, le tentazioni della delinquenza, l’uso di droga, l’instabilità personale, le difficoltà relazionali, la paura davanti agli impegni, i fallimenti professionali, l’emarginazione, come dimostrano gli specialisti in queste materie. Le statistiche mostrano pure che i figli di coppie divorziate hanno più difficoltà degli altri ad entrare in una relazione coniugale stabile e divorziano essi stessi più frequentemente. In effetti, la separazione e ancor più il divorzio provocano, nei figli, dei danni considerevoli e li segnano per tutta la vita.

IV – Quale azione pastorale?

La Chiesa non resta certamente indifferente davanti alla separazione dei coniugi e al divorzio, alla rovina dei focolari e alle situazioni create dal divorzio nei figli. Siamo davanti alla negazione di fondamentali aspetti dell’humanum! Secondo il voto espresso più di una volta dal Santo Padre, il Pontificio Consiglio per la Famiglia, unendo i suoi sforzi a quelli delle Conferenze Episcopali, tutto mette in opera per promuovere una vera cultura familiare, una cultura di vita. In una società che non considera più come possibile la comunione di vita e di amore stabile, fedele ed esclusiva, si tratta di rivalorizzare l’amore non come felicità-passione, ma come progetto di vita, di integrazione e di apertura.

Un’attenzione pastorale specifica è necessaria, per la quale l’azione dei preti e dei laici è di grande valore. Richiede uno sforzo di riflessione e di formazione a livello parrocchiale e diocesano. Passa attraverso una formazione appropriata dei futuri sacerdoti, nei seminari.

Si possono distinguere tre aspetti di questa azione pastorale:

– prevenire,
– accompagnare,
– rappacificare e rimettere in marcia;

  1. a) Bisogna insistere sulla prevenzione di queste situazioni, e dunque sulla prevenzione della separazione e del divorzio in se stessi. Questa prevenzione passa, certamente, per una preparazione completa, integrale e prolungata, al matrimonio, come sottolinea proprio il documento che il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha dedicato a questa questione, seguendo in ciò l’insegnamento di Familiaris consortio, 66.

Questa preparazione deve essere remota, prossima ed immediata. La preparazione remota comincia fin dall’infanzia, nel focolare dove si nasce e dove ci si apre all’affetto ed all’amore secondo l’esempio dato dai genitori.

La preghiera in famiglia è di grande importanza. Se è vero che molte famiglie hanno abbandonato la preghiera, è anche vero e incoraggiante che molte altre hanno preso l’abitudine di pregare per il loro avvenire e per l’avvenire coniugale dei loro figli, ponendo il loro futuro nelle mani del Signore dell’Alleanza. Infatti, come ricorda il Papa “La famiglia che prega unita, resta unita” (Rosarium Virginis Mariae, n. 41).

I bambini ed i giovani hanno bisogno di un’educazione umana ed affettiva, che svegli la loro personalità, la loro responsabilità, il loro senso della fedeltà e dell’iniziativa. Hanno bisogno di un’educazione della loro sessualità che, per essere valida e pienamente umana, deve trovare posto nel cammino di scoperta della capacità d’amare, iscritta da Dio nel cuore dell’uomo. Si tratta di una formazione all’amore responsabile, guidata dalla Parola di Dio e dalla ragione. Da questo punto di vista non è mai troppo raccomandare la vigilanza, quando si tratta di scegliere il materiale educativo destinato ai giovani. Quello che è proposto oggi è spesse volte provocante e pericoloso, e crea una “mentalità” che non aiuta all’impegno maturo.

La catechesi non deve trascurare di presentare in modo molto positivo i valori umani dell’amicizia, dell’aiuto reciproco, della lealtà, della parola data e dell’amore. Non deve esitare ad essere incisiva quando si tratta di presentare la bellezza del matrimonio cristiano e l’importanza della virtù della sessualità umana, la castità.

Tra il sacramento della Cresima ed il sacramento del Matrimonio, le parrocchie potrebbero organizzare, nella cornice delle loro attività per i giovani, delle catechesi specifiche sui temi dell’impegno nel matrimonio, nella famiglia e per la vita.

La preparazione dei fidanzati al matrimonio deve includere un’insistenza accresciuta sull’impegno definitivo che presto essi prenderanno davanti a Dio e davanti agli uomini. Sarà in questa linea che si potrà insistere sulla parola data, sulla responsabilità dei nostri atti. Psicologi, educatori o coppie cristiane aiuteranno i giovani a scoprire in loro stessi un amore autentico, con ciò che comporta di sentimento, di attaccamento, di passione stessa ed anche di ragione. Sottolineando questi punti, il messaggio della Chiesa sulla paternità responsabile sarà compreso e accolto meglio. Un’attenzione particolare dovrà essere data, durante questa preparazione, ai figli provenienti da focolari spezzati.

  1. b) È auspicabile che le coppie che accompagnano i fidanzati nella loro preparazione immediata al matrimonio continuino a seguirli nei primi anni della loro unione, per affrontare con loro tensioni e incomprensioni, prima che degenerino in crisi. Le coppie che hanno beneficiato così di questo accompagnamento potranno diventare, a loro volta, esse stesse accompagnatrici.

Questa pastorale preventiva richiede che siano offerte ai coniugi, lungo la loro vita coniugale, delle possibilità e delle opportunità di ritornare alle origini, di riflessione e d’aiuto. Questo accompagnamento prenderà delle forme differenti come gli incontri con altre famiglie, momenti di raccoglimento, ritiri o altre sessioni. Parrocchie e movimenti apostolici devono poterli assicurare.
Si può approfittare della Festa della Santa Famiglia o di altre celebrazioni in cui si incontrano le coppie per offrire ai coniugi l’opportunità di rinnovare pubblicamente, in chiesa, i loro impegni matrimoniali; per incoraggiare gli sposi a prendere il tempo ed i mezzi necessari al fine di approfondire il loro dialogo, affinché la comunicazione tra loro diventi comunione dei cuori.

In questa pastorale della “prevenzione” è da promuovere tutto ciò che può rafforzare la coesione e la comunicazione familiare. Bisogna sviluppare una vera spiritualità del matrimonio, come è indicato dal Santo Padre.

  1. c) Nei tempi di crisi, tutti questi mezzi che sono appena stati richiamati possono aiutare a risolvere le tensioni. Permetteranno agli sposi di fare ritorno alle sorgenti del loro amore, di relativizzare le tensioni del momento e di superare la crisi. Essi hanno in se stessi le energie della grazia del matrimonio. Queste energie chiedono solamente di essere risvegliate e guidate. È là che gioca un ruolo essenziale l’incontro di un consulente, di un “direttore spirituale”, di una rete di aiuto, di una coppia testimone, di una comunità accogliente.

Come avviene spesso in questi casi, una crisi superata può essere il punto di partenza per la coppia di una nuova tappa della sua storia. La comunità cristiana deve impegnarsi a predisporre dei luoghi d’accoglienza e di dialogo ai quali possano ricorrere le coppie nei momenti difficili.

A questo appoggio della comunità cristiana, i consulenti coniugali apportano la loro perizia professionale e la loro saggezza. Essi devono avere anche una solida formazione cristiana.

  1. d) Il successo di una vita coniugale è “un impegno” che richiede tempo, energia, vigilanza e perseveranza. La celebrazione dei matrimoni è un’opportunità favorevole per annunciare questa buona novella a tutti i presenti, (Familiaris consortio, 67-68). Gli anniversari di matrimonio e altre feste, che riuniscono tutte le generazioni di una famiglia, aiutano a vivere momenti forti in comune.

I pastori, nel loro insegnamento, devono ricordare alle coppie la grazia del sacramento del matrimonio. Sapranno incoraggiarli nel loro impegno alla fedeltà, nella loro preoccupazione di darsi l’uno all’altro ed invitarli al perdono reciproco. Devono richiamare la responsabilità dei due genitori al riguardo dei loro figli, ricordando che la felicità dei bambini deve occupare un posto centrale.

Mostreranno con delicatezza che la separazione e il divorzio vengono a distruggere un progetto di vita, senza cancellare le responsabilità, perché, anche dopo la separazione, i genitori restano ancora responsabili dei loro bambini.

  1. e) La difficile situazione affettiva dei figli di coppie separate, che si ritrovano con un solo genitore o in una “nuova” famiglia, pone un problema ai pastori, ai catechisti, agli insegnanti ed a tutti quelli che hanno una responsabilità verso i giovani. Questi bambini sono sempre più numerosi. Nonostante la loro capacità di adattamento, soffrono spesso e possono provare delle difficoltà a confidarsi. Gli educatori devono aiutare questi bambini. Non si tratta per loro di sostituire i genitori, ma di collaborare con essi. Si tratta di permettere a tali bambini di esprimersi, di ritrovare fiducia, di perdonare. Ciò può farsi nella cornice della loro vita familiare, di focolari amici, di movimenti di bambini e di giovani, di équipes di animazione cristiana, ed in occasione della catechesi.

 

Conclusione

In tutte le nostre riflessioni sulle coppie in difficoltà, i problemi delle coppie, la fragilità dell’istituzione matrimoniale ed i rimedi che devono esservi apportati, un tema è ritornato costantemente, che costituisce in qualche modo la conclusione delle nostre risoluzioni:

l’importanza della famiglia, della famiglia cristiana, come testimone, modello e supporto per tutti coloro che si pongono il problema della separazione. È ciò che ci ha detto oggi il Santo Padre, con queste parole:

“Quanto è importante favorire il supporto familiare per le coppie, specialmente giovani, da parte di famiglie solide spiritualmente e moralmente! È un apostolato fecondo e necessario, soprattutto in questo momento storico”.

Il Signore ci insegna la speranza, la pazienza e la fiducia, nelle difficoltà. Non dispera dell’uomo, delle sue energie interiori, della sua capacità di correzione. Sulla sua scia, anche noi dobbiamo contare sull’uomo, perché contiamo su Dio, contare sulla famiglia, perché viene da Dio. Come ha ricordato in modo così bello il Santo Padre nel messaggio che ha inviato alla nostra Assemblea:  “Non c’è… situazione difficile che non possa essere affrontata adeguatamente quando si coltiva un coerente clima di vita cristiana. L’amore stesso, ferito dal peccato, è anche un amore redento”.

Presentiamo queste conclusioni con la ferma convinzione che i problemi attuali che incontrano le coppie, e che indeboliscono la loro unione, hanno la loro vera soluzione in un ritorno alla solidità della famiglia cristiana, luogo di mutua fiducia, di dono reciproco, di rispetto della libertà e di educazione alla vita sociale. Perciò, abbiamo fiducia nella testimonianza di questi focolari luminosi e gioiosi che traggono le loro energie dal sacramento del matrimonio.