- Abbiamo precedentemente parlato dell’onesta regolazione della fertilità, secondo la dottrina contenuta nell’enciclica «Humanae Vitae» (n. 19), e nell’esortazione «Familiaris Consortio». La qualifica di «naturale», che si attribuisce alla regolazione moralmente retta della fertilità (seguendo i ritmi naturali, cfr. «Humanae Vitae», 16), si spiega con il fatto che il relativo modo di comportarsi corrisponde alla verità della persona e quindi alla sua dignità: una dignità che «per natura» spetta all’uomo quale essere ragionevole e libero. L’uomo, come essere ragionevole e libero, può e deve rileggere con perspicacia quel ritmo biologico che appartiene all’ordine naturale. Può e deve conformarsi ad esso, al fine di esercitare quella «paternità-maternità responsabile», che, secondo il disegno del Creatore, è iscritta nell’ordine naturale della fecondità umana. Il concetto di regolazione moralmente retta della fertilità non è altro che la rilettura del «linguaggio del corpo» nella verità.
Gli stessi «ritmi naturali immanenti alle funzioni generative» appartengono alla verità oggettiva di quel linguaggio, che le persone interessate dovrebbero rileggere nel suo pieno contenuto oggettivo. Bisogna aver presente che il «corpo parla» non soltanto con tutta l’eterna espressione della mascolinità e della femminilità, ma anche con le strutture interne dell’organismo, della reattività somatica e psicosomatica. Tutto ciò che deve trovare il posto che gli spetta in quel linguaggio, con cui dialogano i coniugi, come persone chiamate alla comunione nell’«unione del corpo». 2. Tutti gli sforzi che tendono alla conoscenza sempre più precisa di quei «ritmi naturali», che si manifestano in rapporto alla procreazione umana, tutti gli sforzi poi dei consultori familiari e infine degli stessi coniugi interessati, non mirano a «biologizzare» il linguaggio del corpo (a «biologizzare l’etica», come erroneamente ritengono alcuni), ma esclusivamente ad assicurare l’integrale verità a quel «linguaggio del corpo», con cui i coniugi debbono esprimersi in modo maturo di fronte alle esigenze della paternità e maternità responsabili.
L’enciclica «Humanae Vitae» sottolinea a più riprese che la «paternità responsabile» è connessa a un continuo sforzo e impegno, e che essa viene attuata a prezzo di una precisa ascesi (cfr. «Humanae Vitae», 21). Tutte queste e altre simili espressioni mostrano che nel caso della «paternità responsabile» ossia della regolazione della fertilità moralmente retta, si tratta di ciò che è il vero bene delle persone umane e di ciò che corrisponde alla vera dignità della persona. 3. L’usufruire dei «periodi infecondi» nella convivenza coniugale può diventare sorgente di abusi, se i coniugi cercano in tal modo di eludere senza giuste ragioni la procreazione, abbassandola sotto il livello moralmente giusto delle nascite nella loro famiglia. Occorre che questo giusto livello sia stabilito tenendo conto non soltanto del bene della propria famiglia, come pure dello stato di salute e delle possibilità degli stessi coniugi, ma anche del bene della società a cui appartengono, della Chiesa, e perfino dell’umanità intera.
L’enciclica «Humanae Vitae» presenta la «paternità responsabile» come espressione di un alto valore etico. In nessun modo essa è unilateralmente diretta alla limitazione e ancor meno all’esclusione della prole; essa significa anche la disponibilità ad accogliere una prole più numerosa. Soprattutto, secondo l’enciclica «Humanae Vitae», la «paternità responsabile» attua «un più profondo rapporto all’ordine morale chiamato oggettivo, stabilito da Dio e di cui la retta coscienza è fedele interprete» («Humanae Vitae», 10). 4. La verità della paternità e maternità responsabile, e la sua messa in atto, è unita alla maturità morale della persona, ed è qui che molto spesso si rivela la divergenza tra ciò a cui l’enciclica attribuisce esplicitamente il primato e ciò a cui questo viene attribuito nella mentalità comune.
Nell’enciclica viene messa in primo piano la dimensione etica del problema, sottolineando il ruolo della virtù della temperanza, rettamente intesa. Nell’ambito di questa dimensione c’è anche un adeguato «metodo» secondo cui agire.
Nel comune modo di pensare capita spesso che il «metodo», staccato dalla dimensione etica che gli è proprio, viene messo in atto in modo meramente funzionale, e perfino utilitario. Separando il «metodo naturale» dalla dimensione etica, si cessa di percepire la differenza che intercorre tra esso e gli altri «metodi» (mezzi artificiali) e si arriva a parlarne come se si trattasse soltanto di una diversa forma di contraccezione. 5. Dal punto di vista dell’autentica dottrina, espressa dall’enciclica «Humanae Vitae» è dunque importante una corretta presentazione del metodo stesso, di cui fa cenno il medesimo documento (cfr. «Humanae Vitae», 16); soprattutto è importante l’approfondimento della dimensione etica, nel cui ambito il metodo, come «naturale», acquista il significato di metodo onesto, «moralmente retto». E perciò, nel quadro della presente analisi, ci converrà volgere principalmente l’attenzione a ciò che l’enciclica asserisce sul tema della padronanza di sé e sulla continenza. Senza un’interpretazione penetrante di quel tema non giungeremo né al nucleo della verità morale, né al nucleo della verità antropologica del problema. Già prima è stato rilevato che le radici di questo problema affondano nella teologia del corpo: è questa (quando diviene, come deve, pedagogia del corpo) che costituisce in realtà il «metodo» moralmente onesto della regolazione della natalità, inteso nel suo senso più profondo e più pieno. 6. Caratterizzando in seguito i valori specificamente morali della regolazione della natalità «naturale» (cioè onesta, ossia moralmente retta), l’autore della «Humanae Vitae» così si esprime: «Questa disciplina… apporta alla vita familiare frutti di serenità e di pace e agevola la soluzione di altri problemi; favorisce l’attenzione verso l’altro coniuge, aiuta gli sposi a bandire l’egoismo, nemico del vero amore, e approfondisce il loro senso di responsabilità. I genitori acquistano con essa la capacità di un influsso più profondo ed efficace per l’educazione dei figli; la fanciullezza e la gioventù crescono nella giusta stima dei valori umani e nello sviluppo sereno e armonioso delle loro facoltà spirituali e sensibili» («Humanae Vitae», 21). 7. Le frasi citate completano il quadro di ciò che l’enciclica «Humanae Vitae» (n. 21) intende per «onesta pratica di regolazione della natalità». Questa è, come si vede, non soltanto un «modo di comportarsi» in un determinato campo, ma un atteggiamento che si fonda sull’integrale maturità morale delle persone e insieme la completa.