secondo il libro di Tobia, l’indole fraterna sembra essere radicata nell’amore sponsale

La seguente catechesi  è tratta dal testo “uomo e donna lo creò”  (non mi risulta mai pronunciata dal Santo Padre), per completezza la riporto in questa “raccolta” augurandomi di non violare alcun diritto dell’Editore (ho riportato solo il testo attribuito al Santo Padre e non ho riportato le note ritenendole proprietà intellettuale dell’Editore e dei curatori dell’edizione)

  1. «Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri,

e benedetto per tutte le generazioni è il tuo nome!

Ti benedicano i cieli e tutte le creature

per tutti i secoli!

Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua moglie,

perché gli fosse di aiuto e di sostegno.

Da loro due nacque tutto il genere umano.

Tu hai detto: non è cosa buona che l’uomo resti solo;

facciamogli un aiuto simile a lui.

Ora non per lussuria io prendo questa mia parente,

ma con rettitudine d’intenzione.

Degnati di aver misericordia di me e di lei

e di farci giungere insieme alla vecchiaia.

E dissero insieme: Amen, amen!» (Tb 8, 5-8).

  1. Il Libro di Tobia che, nella letteratura biblica dell’Antico Testamento, appartiene ad una categoria particolare (la cosiddetta «novella didattica» del genere midrashim), non presenta tratti di somiglianza con il Cantico dei Cantici. Nondimeno, quando vi leggiamo la descrizione dello sposalizio del giovane Tobia con Sara, figlia di Raguele, troviamo una parola che ha attirato la nostra attenzione anche nell’analisi del Cantico. Ecco, Tobia chiama la sua sposa novella, «parente» (Tb 8, 7). Cosi la chiama durante la preghiera che recitano insieme la prima notte dopo lo sposalizio, preghiera che è stata da noi citata all’inizio: «io prendo questa mia parente» (Tb 8, 7); «sorella» (Tb 7, 12), come la chiama anche suo padre Raguele, quando acconsente di darla in moglie a Tobia. Ecco le sue parole: «Essa ti viene data secondo il decreto del libro di Mosè e come dal cielo è stato stabilito che ti sia data. Prendi dunque tua cugina, d’ora in poi tu sei suo fratello e lei tua sorella. Ti viene concessa da oggi per sempre» (Tb 7, 12).

  1. Queste parole potrebbero semplicemente confermare la parentela tra gli sposi novelli. Infatti Raguele, che il giovane Tobia ha incontrato durante il viaggio, è fratello carnale di suo padre, anche lui di nome Tobi (Tb 5, 9), dal quale a causa della schiavitù babilonica era diviso da molti anni. Raguele tuttavia, dando in moglie Sara al giovane Tobia, dice non soltanto: «prendi… tua cugina», ma anche «d’ora in poi tu sei suo fratello e lei tua sorella» (Tb 7, 12). Ciò significa che tra i giovani deve formarsi, attraverso il matrimonio, anche un rapporto reciproco simile a quello che unisce la sorella al fratello. E proprio qui tornano alla mente le parole «sorella mia, sposa» (Ct 4, 10), pronunciate dallo sposo del Cantico dei Cantici. Queste parole del poetico contesto del Cantico suonano diversamente nel Libro di Tobia; ma nonostante questa diversità sembrano indicare in entrambi i testi un particolare legame di riferimento: infatti, mediante il matrimonio l’uomo e la donna diventano fratello e sorella in modo speciale. L’indole fraterna sembra essere radicata nell’amore sponsale.

  1. Nel racconto dello sposalizio di Tobia con Sara troviamo oltre l’espressione «sorella», ancora un altro rapporto che evoca un’analogia con il Cantico dei Cantici. Ricordiamo che nel duetto degli sposi, l’amore che si dichiara vicendevolmente è «forte come la morte» (Ct 8, 6). Nel Libro di Tobia non troviamo tale dichiarazione, come del resto non vi troviamo alcuna delle tipiche confessioni amorose che compongono il Cantico. È detto soltanto che il giovane Tobia amò Sarà «al punto da non saper più distogliere il cuore da lei» (Tb 6, 19): nient’altro che questa frase. Nel racconto dello sposalizio di Tobia con Sara siamo però di fronte ad una situazione che sembra egregiamente confermare la verità delle parole sull’amore «forte come la morte».

 

  1. Occorre qui rifarsi ad alcuni particolari che trovano spiegazione sullo sfondo dello specifico carattere del Libro di Tobia. Vi leggiamo che Sara, figlia di Raguele, in precedenza era «stata data in moglie a sette uomini» (Tb 6, 14), ma ciascuno di loro era morto prima di unirsi a lei. Ciò era accaduto per opera dello spirito maligno, che nel Libro di Tobia porta il nome di Asmodeo. Anche il giovane Tobia aveva ragioni di temere una morte analoga. Quando chiede Sara in moglie, Raguele gliela dona, proferendo parole significative: «II Signore del cielo vi assista questa notte, figlio mio, e vi conceda la sua misericordia e la sua pace» (Tb 7, 12).

  1. Cosi l’amore di Tobia doveva fin dal primo momento affrontare la prova della vita e della morte., Le parole sull’amore «forte come la morte», pronunciate dagli sposi del Cantico dei Cantici nel trasporto dei cuori, assumono qui il carattere di una prova reale. Se l’amore si dimostra forte come la morte, ciò avviene soprattutto nel senso che Tobia (e insieme a lui Sara) vanno senza esitare verso questa prova. In seguito esse si verificano perché in tale prova della vita e della morte vince la vita, cioè durante la prova della notte nuziale, l’amore si rivela più forte della morte.

  1. Questo si attua attraverso la preghiera, che abbiamo citato all’inizio del capitolo, la quale nacque dagli avvertimenti del padre della giovane sposa, ma anzitutto dalle istruzioni date dall’arcangelo Raffaele, che aveva accompagnato Tobia lungo tutto il suo viaggio sotto il nome di Azaria. (Questo fatto costituisce indubbiamente la singolarità del Libro di Tobia, che consente di annoverare quel poema biblico in una categoria distinta). Azaria-Raffaele dà al giovane Tobia vari consigli su come liberarsi dall’azione dello spirito maligno, appunto da quell’Asmodeo che aveva provocato la morte dei sette uomini ai quali Sara in precedenza era stata data in moglie. Infine, egli stesso prende l’iniziativa in questa faccenda (cfr Tb 6, 17; 8, 3). Soprattutto raccomanda però a Tobia e a Sara la preghiera, così dicendo: «Poi, prima di unirti con essa, alzatevi tutti e due a pregare. Supplicate il Signore del cielo perché venga su di voi la sua grazia e la sua salvezza. Non temere: essa ti è stata destinata fin dall’eternità. Sarai tu a salvarla. Ti seguirà e penso che da lei avrai figli che saranno per te come fratelli. Non stare in pensiero» (Tb 6, 18).

  1. Il contenuto delle parole di Raffaele è diverso da quelle di Raguele, padre di Sara. Le parole di Raguele esprimono l’afflizione, quelle di Raffaele la promessa. Con tale promessa era più facile per entrambi affrontare la prova della vita e della morte, che li attendeva durante la notte nuziale.

Quando i genitori «erano usciti e avevano chiuso la porta della camera», Tobia si alzò dal letto e chiamò Sara alla preghiera in comune, secondo le raccomandazioni di Raffaele-Azaria: «Sorella — disse — alzati! Preghiamo e domandiamo al Signore che ci dia grazia e salvezza» (Tb 8, 4). In tal modo nacque la preghiera citata da noi all’inizio. Si può dire che in questa preghiera (che tra breve sottoporremo all’analisi) si delinea sull’orizzonte del «linguaggio del corpo» la dimensione della liturgia propria del sacramento. Tutto infatti si compie durante la notte nuziale degli sposi.